SIGNORINE

 

Eliza Sommers era una ragazzina piccola e minuta, con lineamenti delicati da disegno al tratto. Nel 1845, quando compì tredici anni e si cominciò a notare un accenno di vita e di seni, sembrava ancora una mocciosa, ma già si intravedeva quella grazia nei modi che sarebbe stata il suo più grande attributo di bellezza. L'implacabile vigilanza di Miss Rose diede alla sua ossatura la dirittura di una lancia: durante le interminabili ore di esercizi di pianoforte e di ricamo la obbligava a stare eretta con una bacchetta metallica fissata alla schiena. Non diventò molto alta e mantenne sempre quell'ingannevole aspetto infantile che più di una volta le salvò la vita. Era talmente bambina che durante la pubertà continuò a dormire raggomitolata nello stesso lettino dell'infanzia, circondata dalle sue bambole e con il dito in bocca. Imitava l'atteggiamento svogliato di Jeremy Sommers, perché pensava che fosse segno di forza interiore. Con gli anni si stancò di fingersi annoiata, ma l'allenamento le servì per imparare a controllarsi. Eliza collaborava ai lavori domestici della servitù: un giorno faceva il pane, un altro macinava il granturco, uno faceva prender aria ai materassi e un altro faceva bollire il bucato bianco. Passava molte ore accucciata dietro alla tenda della sala a divorarsi i classici della biblioteca di Jeremy Sommers, i racconti romantici di Miss Rose, i giornali arretrati e qualsiasi lettura a portata di mano, per quanto noiosa fosse. Da Jacob Todd si fece regalare una delle sue bibbie in spagnolo e cercò di decifrarla con infinita pazienza, perché la sua formazione scolastica era avvenuta in inglese. Si immergeva nell'Antico Testamento morbosamente affascinata dai vizi e dalle passioni dei re che avevano sedotto le spose altrui, dai profeti che castigavano con fulmini terribili e dai padri che procreavano con le loro stesse figlie. Nel ripostiglio dove si accumulavano le anticaglie trovò cartine, libri di viaggio e documenti di navigazione dello zio John, che le servirono per definire i confini del mondo. I precettori assunti da Miss Rose le impartirono lezioni di francese, di scrittura, di storia, di geografia e di un po' di latino, più di quanto venisse inculcato nelle migliori scuole per fanciulle della capitale, in cui, in fin dei conti, non si imparavano che preghiere e buone maniere. Le letture disordinate, come anche i racconti del capitano Sommers, misero le ali alla sua immaginazione. Quello zio navigatore che appariva in casa con il suo carico di regali metteva in moto la fantasia con le sue storie inaudite di imperatori neri su troni di oro massiccio, di pirati malesi che collezionavano occhi umani in scatolette di madreperla, di principesse arse sulle pire funebri dei loro anziani mariti. A ogni sua visita veniva rimandato tutto, dai compiti alle lezioni di piano. L'anno scorreva nell'attesa del suo arrivo e nel collocare spilli sulla cartina, immaginando le latitudini d'alto mare percorse dal suo veliero. Eliza aveva scarsi contatti con i suoi coetanei, viveva nell'universo chiuso della casa dei suoi benefattori, nell'eterna illusione di non trovarsi lì, bensì in Inghilterra. Jeremy Sommers ordinava tutto per catalogo, dal sapone alle scarpe, e si vestita con abiti leggeri d'inverno e con il cappotto in estate, perché si regolava in base al calendario dell'emisfero nord. La ragazzina ascoltava e osservava con attenzione, aveva un temperamento allegro e indipendente, non chiedeva mai aiuto e possedeva il raro dono di diventare invisibile a suo piacimento, perdendosi tra i mobili, le tende e i fiori della tappezzeria. Il giorno in cui si svegliò con la camicia macchiata da una sostanza rossiccia andò da Miss Rose a comunicarle che lì in basso si stava dissanguando.

"Non parlarne con nessuno, è una questione molto privata. Ormai sei una donna e dovrai comportarti come tale, le bambinate sono finite. È ora che tu vada alla scuola per fanciulle di Madame Colbert," fu l'unica spiegazione che la madre adottiva le diede, tutta d'un fiato e senza guardarla, mentre dall'armadio prendeva una dozzina di piccoli asciugamani orlati da lei.

"Bella fregatura, bambina, adesso ti cambierà il corpo, ti si annebbieranno le idee e qualsiasi uomo potrà fare con te quel che gli pare," l'avvertì poi Mama Fresia, cui Eliza non poté non rivelare la novità.

L'india conosceva erbe in grado di bloccare per sempre il flusso mestruale, ma si astenne dal somministrargliele per paura dei padroni. Eliza raccolse il monito con serietà e decise di rimanere vigile per impedire che tutto ciò avvenisse. Si fasciò stretto il busto con una striscia di seta, certa che se per secoli questo metodo aveva prodotto la riduzione dei piedi delle cinesi, come diceva zio John, non c'era motivo per supporre che non funzionasse per schiacciare i seni. Decise anche di dedicarsi alla scrittura; aveva visto per anni Miss Rose scrivere sui suoi quaderni e immaginò che lo facesse per combattere la maledizione delle idee annebbiate. All'ultima parte della profezia - che qualsiasi uomo avrebbe potuto fare con lei quel che gli pareva - non prestò invece la stessa attenzione, semplicemente perché non riusciva a entrare nell'ordine di idee che ci potesse essere qualche uomo nel suo futuro. Erano tutti più grandi di lei di almeno vent'anni; il mondo era sprovvisto di esseri di sesso maschile della sua generazione. Gli unici che le sarebbero piaciuti come mariti, il capitano John Sommers e Jacob Todd, non erano alla sua portata, il primo in quanto zio e il secondo perché innamorato di Miss Rose, come tutta Valparaiso sapeva.

Anni dopo, ricordando la sua infanzia e la sua giovinezza, Eliza pensava che Miss Rose e Jacob Todd avrebbero potuto formare una bella coppia; lei avrebbe potuto addolcire le asperità di Todd e lui l'avrebbe potuta riscattare dalla noia, ma le cose andarono diversamente. Nel giro di alcuni anni, quando ormai la capigliatura di entrambi si era imbiancata e la solitudine era diventata un'abitudine ben consolidata, si sarebbero incontrati nuovamente in California in strane circostanze; allora lui avrebbe ripreso a corteggiarla con la medesima intensità e lei avrebbe ripreso a rifiutarlo con la stessa determinazione. Ma tutto ciò avvenne molto tempo dopo.

 

 

Jacob Todd non si lasciava scappare occasione per recarsi dai Sommers; non ci fu ospite più assiduo e puntuale agli incontri, più attento quando Miss Rose cantava con i suoi impetuosi gorgheggi né più pronto a onorare le sue battute, comprese quelle non prive di crudeltà con cui era solita tormentarlo. Era una persona ricca di contraddizioni, ma questo non valeva anche per lui? Non era forse un ateo, venditore di bibbie, che stava abbindolando mezzo mondo con la fola di una presunta missione evangelizzatrice? Si chiedeva perché, pur essendo così attraente, non si fosse sposata; una donna nubile alla sua età non aveva né un futuro né uno spazio nella società. All'interno della colonia inglese si mormorava a proposito di un certo scandalo di anni prima in Inghilterra e ciò poteva spiegare la sua presenza in Cile e il ruolo di governante del fratello, ma lui non volle mai conoscere i dettagli di quella diceria e preferì il mistero alla certezza di qualcosa che forse non avrebbe saputo tollerare. Il passato non aveva molta importanza, si ripeteva. Era sufficiente un unico passo falso o un errore di calcolo per infangare la reputazione di una donna e impedirle di contrarre un buon matrimonio. Avrebbe dato due anni della sua vita pur di vedere corrisposto il suo sentimento, ma lei non dava segnali di voler cedere all'assedio, anche se nemmeno lo incoraggiava a desistere: si divertiva ad allentare le redini per poi frenare all'improvviso.

"Mr Todd è un uccellaccio del malaugurio con strane idee, denti da cavallo e mani sudate. Non mi sposerei mai con lui, neanche se fosse l'ultimo celibe rimasto sulla faccia della terra," Miss Rose confessò ridendo a Eliza.

Alla ragazza il commento non piacque. Si sentiva in debito con Jacob Todd, che non solo l'aveva salvata durante la processione del Cristo di Maggio, ma aveva anche taciuto l'incidente come se non si fosse mai verificato. Le piaceva quello strano alleato che sapeva di cane di grossa taglia come suo zio John. La buona impressione che già ne aveva si trasformò poi in affetto leale quando, nascosta dietro le pesanti tende di velluto verde della sala, ebbe modo di origliare una sua conversazione con Jeremy Sommers.

"Devo prendere una decisione per quanto riguarda Eliza, Jacob. Non ha la più pallida idea del suo posto in società. La gente inizia a fare domande e sicuramente Eliza immagina un futuro diverso da quello che l'aspetta. Non c'è niente di più pericoloso del demone della fantasia acquattato nell'animo femminile."

"Stia tranquillo, amico mio. Eliza è ancora una ragazzina, ma è intelligente e saprà sicuramente trovare il suo posto."

"L'intelligenza è un ostacolo per le donne. Rose vuole mandarla alla scuola per fanciulle di Madame Colbert, ma non sono d'accordo sul fatto che le ragazze vadano tanto educate, diventano intrattabili. Ognuno al suo posto è il mio motto."

"Il mondo sta cambiando, Jeremy. Negli Stati Uniti, gli uomini liberi sono uguali davanti alla legge. Le classi sociali sono state abolite."     

"Stiamo parlando di donne, non di uomini. E poi gli Stati Uniti sono un paese di commercianti e di pionieri, senza tradizioni né senso della storia. L'uguaglianza non esiste da nessuna parte, nemmeno tra gli animali, e men che meno in Cile."

"Siamo stranieri, Jeremy, balbettiamo appena il castigliano. Cosa ci importa delle classi sociali cilene? Non apparterremo mai a questo paese..."

"Dobbiamo dare il buon esempio. Se noi britannici non siamo in grado di mantenere l'ordine nelle nostre case, cosa possiamo aspettarci dagli altri?'

"Eliza è stata allevata in questa famiglia. Non credo che Miss Rose accetterebbe di degradarla solo per il fatto che sta crescendo."

E così fu. Rose sfidò il fratello con il repertorio completo delle sue indisposizioni. Dapprima furono le coliche e poi un'allarmante emicrania che dalla sera alla mattina l'accecò. Per diversi giorni la casa entrò in uno stato di quiete: si chiusero le tende, si camminò in punta di piedi e si parlò sussurrando. Si smise di cucinare, perché l'odore del cibo acutizzava i sintomi, Jeremy Sommers mangiava al Club e tornava a casa con l'atteggiamento sconcertato e timido di chi è in visita in un ospedale. La strana cecità e i molteplici malanni di Rose, così come lo scaltro silenzio dei dipendenti della casa, ne minarono rapidamente le solide fondamenta. Come se non bastasse, Mama Fresia, misteriosamente informata delle discussioni private dei fratelli, si trasformò in una straordinaria alleata della padrona. Jeremy Sommers si riteneva uomo colto e pragmatico, invulnerabile alle intimidazioni di una fattucchiera superstiziosa come Mama Fresia, ma quando l'india iniziò ad accendere candele nere e a diffondere fumo di salvia ovunque con il pretesto di spaventare le zanzare, si chiuse in biblioteca, tra l'intimorito e il furioso. Di notte la sentiva dall'altro lato della porta trascinare i piedi nudi e canticchiare a mezza voce cantilene e maledizioni. Quando il mercoledì trovò una lucertola morta nella bottiglia del brandy, decise di agire una volta per tutte. Per la prima volta bussò alla porta della camera della sorella e fu ammesso in quel santuario di misteri femminili che preferiva ignorare, come del resto faceva con la stanza del cucito, la cucina, la lavanderia, le stanzette buie dell'attico in cui dormivano le cameriere e la casupola di Mama Fresia in fondo al patio; il suo mondo erano i saloni, la biblioteca con scaffali di mogano scuro e la sua collezione di incisioni con motivi venatori, la sala da biliardo con il sontuoso tavolo intagliato, la sua camera arredata con semplicità spartana e la piccola stanza con piastrelle italiane destinata all'igiene personale, dove pensava, un giorno o l'altro, di far installare un gabinetto moderno come quello dei cataloghi di New York, perché aveva letto che il sistema di bacinelle e di raccolta degli escrementi umani in secchi da utilizzare come fertilizzanti era fonte di epidemie. Mentre aspettava che i suoi occhi si abituassero alla penombra, aspirava turbato un odore misto di medicine e persistente aroma di vaniglia. Rose si intravedeva appena, dimagrita e sofferente, sdraiata sul letto privo di cuscino, con le braccia conserte sul petto come se si stesse esercitando per la morte. Al suo fianco, Eliza stava strizzando un panno impregnato di un infuso di tè verde da collocarle sugli occhi.

"Lasciaci soli, bambina," disse Jeremy Sommers, accomodandosi su una sedia di fianco al letto.

Eliza accennò a chiedere discretamente permesso e uscì, ma, conoscendo a menadito i punti deboli della casa, con l'orecchio appoggiato al delicato tramezzo divisorio poté sentire quella conversazione, che poi ripeté a Mama Fresia e trascrisse sul suo diario.

"Va bene, Rose. Non possiamo continuare a farci la guerra. Mettiamoci d'accordo. Cos'è che vuoi?' chiese Jeremy, già sconfitto.

"Niente, Jeremy," sospirò lei con una voce che si sentiva appena.

"Non accetteranno mai Eliza nella scuola di Madame Colbert. Lì ci vanno solo le bambine delle classi alte e delle famiglie tradizionalmente costituite. Sanno tutti che Eliza è adottata."

"Ci penserò io a fare in modo che la accettino!" esclamò lei con una passione davvero stupefacente in un'agonizzante.

"Ascoltami, Rose. Eliza non ha bisogno di essere ulteriormente educata. Deve imparare un lavoro per potersi guadagnare da vivere. Cosa ne sarà di lei quando non ci saremo più né tu né io a proteggerla?"

"Se riceverà un'educazione, farà un buon matrimonio," disse Rose, lanciando la pezza di tè verde per terra e tirandosi su dal letto.

"Eliza non è quel che si dice una bellezza, Rose."

"Non l'hai guardata bene, Jeremy. Migliora di giorno in giorno, diventerà graziosa, te l'assicuro. Avrà pretendenti da vendere!"

"Orfana e senza dote?"

"Avrà una dote," replicò Miss Rose, saltando maldestramente giù dal letto e facendo qualche passo da cieca, scapigliata e a piedi nudi.

"Come sarebbe? Non ne avevamo mai parlato..."

"Perché non era giunto il momento, Jeremy. Una ragazza da marito ha bisogno di gioielli, di un corredo di biancheria sufficiente per diversi anni e di tutto il necessario per la casa, oltre a una buona somma di denaro che serva alla coppia per avviare qualche attività."

"E si può sapere quale dovrebbe essere il contributo del fidanzato?"

"La casa e mantenere la donna per il resto dei suoi giorni. A ogni modo, manca ancora parecchio tempo prima che Eliza raggiunga l'età del matrimonio e per quel momento avrà una dote. Io e John ci occuperemo di metterla insieme, non ti chiederemo neanche uno spicciolo, ma non vale proprio la pena di perdere tutto questo tempo a parlarne adesso. Devi considerare Eliza come una figlia."

"Ma non lo è, Rose."

"Allora trattala come fosse figlia mia. Sei d'accordo almeno su questo?"

"Sì," cedette Jeremy Sommers.

Le infusioni di tè si rivelarono miracolose. L'ammalata si rimise completamente, nel giro di quarantotto ore aveva recuperato la vista ed era raggiante. Si dedicò al fratello con incantevole premura; non era mai stata tanto dolce e sorridente con lui. La casa riprese il suo ritmo normale e dalla cucina tornarono a uscire in direzione della sala da pranzo i deliziosi piatti creoli di Mama Fresia, il pane aromatico impastato da Eliza e i raffinati dessert che tanto avevano contribuito alla fama di buoni anfitrioni dei Sommers. A partire da quel momento Miss Rose modificò radicalmante il suo comportamento volubile con Eliza e si impegnò, con una dedizione materna del tutto nuova, a prepararne l'ingresso a scuola, dando inizio al contempo a un irresistibile assedio a Madame Colbert. Aveva deciso che Eliza dovesse avere studi, dote e fama di bella, pur non essendolo, perché la bellezza, secondo lei, era una questione di stile. Sosteneva che qualsiasi donna che si comporti con l'olimpica sicurezza di una vera bellezza, finisce per convincere tutti di esserlo. Il primo passo per emancipare Eliza sarebbe stato un buon matrimonio, visto che la ragazza non poteva contare su un fratello maggiore che le facesse da schermo, come nel suo caso. Miss Rose non vedeva quali vantaggi offrisse un matrimonio: una sposa era una proprietà del marito e i suoi diritti erano inferiori a quelli di un servo e di un bambino; ma, d'altro canto, una donna sola e senza fortuna si trovava alla mercè dei peggiori abusi. Una coniugata, se dotata d'astuzia, quanto meno poteva manovrare il marito e con un po' di fortuna poteva persino ritrovarsi presto vedova.

"Io darei con gioia metà della mia vita pur di godere della stessa libertà di un uomo, Eliza. Ma siamo donne, e siamo spacciate. L'unica cosa che possiamo fare è trarre il massimo profitto dal poco che abbiamo."

Non le disse che l'unica volta che aveva tentato di volare con le sue ali la realtà l'aveva fatta schiantare al suolo, perché non voleva infondere idee sovversive nella testa della ragazzina. Era decisa a darle un destino migliore del suo, l'avrebbe allenata nell'arte della dissimulazione, della manipolazione e degli stratagemmi che sarebbero risultati più utili dell'ingenuità, di questo era certa. Si chiudeva con lei tre ore alla mattina e altre tre nel pomeriggio a studiare i testi scolastici arrivati dall'Inghilterra; intensificò lo studio del francese con un professore, perché nessuna ragazza a modo poteva ignorare quell'idioma. Passava il resto del tempo a supervisionare personalmente ogni punto cucito da Eliza per la sua dote: lenzuola, asciugamani, tovaglie e biancheria intima meravigliosamente ricamata che poi veniva avvolta in teli e profumata con lavanda. Ogni tre mesi il contenuto dei bauli veniva estratto e steso al sole, onde evitare che l'umidità e le tarme lo sciupassero durante gli anni d'attesa che lo separavano dal matrimonio. Comprò uno scrigno per i gioielli della dote e affidò a suo fratello John l'incarico di riempirlo con i regali dei suoi viaggi. Si accumularono zaffiri provenienti dall'India, smeraldi e ametiste brasiliane, collane e braccialetti d'oro veneziano e persino una piccola spilla di diamanti. Jeremy Sommers non fu mai messo al corrente dei dettagli e continuò a ignorare il sistema con cui i fratelli finanziavano tali capricci.

Le lezioni di piano, ora impartite da un professore arrivato dal Belgio che utilizzava una bacchetta per colpire le torpide dita dei suoi studenti, si trasformarono per Eliza in un martirio quotidiano. Iniziò anche a frequentare un'accademia tradizionale di danza e, su suggerimento del maestro, venne obbligata da Miss Rose a camminare per ore mantenendo in equilibrio un libro sulla testa allo scopo di crescere dritta. Eliza ottemperava agli obblighi, faceva gli esercizi di piano e camminava dritta come un fuso anche senza libro sulla testa, ma di notte se la svignava a piedi nudi verso il patio della servitù e spesso l'alba la sorprendeva addormentata su un pagliericcio abbracciata a Mama Fresia.

Due anni dopo le inondazioni il destino mutò: il paese godeva di un buon clima, di tranquillità politica e di benessere economico. I cileni si sentivano comunque sulle spine; erano avvezzi alle disgrazie naturali e tanta bonaccia credevano potesse essere il preludio a una catastrofe di maggiori proporzioni. In quel periodo, a nord, vennero anche scoperti ricchi giacimenti d'oro e d'argento. Durante la Conquista, quando gli spagnoli percorrevano l'America in cerca di questi metalli razziando tutto quanto passava loro tra le mani, il Cile veniva considerato il deretano del mondo, perché, paragonato con le ricchezze del resto del continente, aveva poco da offrire. Durante la marcia forzata sulle sue grandiose montagne e per il deserto lunare del Nord l'avidità nel cuore di quei conquistatori si esauriva e, se qualcosa rimaneva, gli indomiti indios si occupavano di trasformarlo in pentimento. I capitani, poveri e sfiniti, maledicevano quella terra sulla quale l'unica soluzione era piantare le bandiere e lasciarsi morire, perché ritornare senza gloria sarebbe stato peggio. Trecento anni dopo quelle miniere, nascoste agli occhi degli ambiziosi soldati spagnoli e spuntate all'improvviso come per magia, costituirono un premio inatteso per i loro discendenti. Si accumularono grandi ricchezze alle quali si unirono quelle derivanti dall'industria e dal commercio. L'antica aristocrazia terriera che aveva sempre tenuto il coltello per il manico si sentì minacciata nei suoi privilegi e il disprezzo per i ricchi dell'ultima ora diventò il segno di distinzione.

Uno di questi ricconi si innamorò di Paulina, la figlia maggiore di Agustin del Valle. Si trattava di Feliciano Rodriguez de Santa Cruz, divenuto facoltoso in pochi anni grazie a una miniera d'oro sfruttata in compartecipazione con il fratello. Delle sue origini si sapeva poco, ma aleggiava il sospetto che i suoi avi fossero stati ebrei convertiti e che il reboante cognome cristiano fosse stato adottato per sottrarre vittime all'Inquisizione, ragione più che sufficiente per essere apertamente rifiutato dai superbi del Valle. Tra le cinque figlie di Agustin, Jacob Todd prediligeva Paulina perché la sua indole temeraria e allegra gli ricordava Miss Rose. La ragazza aveva un modo franco di ridere che contrastava con i sorrisi delle sorelle nascosti dietro ai ventagli e alle mantiglie. Quando venne a sapere dell'intenzione del padre di chiuderla in un convento di clausura per ostacolarne gli amori, Jacob Todd, infischiandosene dell'opportuna prudenza, decise di aiutarla. Prima che la portassero via, trovò il modo di scambiare da solo con lei un paio di frasi, complice la disattenzione della governante. Sapendo di non disporre del tempo necessario per dare spiegazioni, Paulina estrasse dalla scollatura una lettera piegata e ripiegata talmente tante volte da sembrare un sasso e gli chiese di recapitarla all'innamorato. Il giorno successivo la ragazza partì, sequestrata dal padre, per un viaggio di diversi giorni su strade impossibili alla volta di Concepcion, una città del Sud prossima alle riserve indigene, in cui le monache avrebbero portato a termine il compito di restituirle il senno a suon di preghiere e digiuni. Per evitare che le venisse la peregrina idea di scappare o ribellarsi, il padre ordinò che la rapassero. La madre raccolse le trecce, le avvolse in una tela di batista ricamata e le regalò alle beate della chiesa della Matriz perché ne facessero parrucche per i santi. Nel frattempo Todd non solo riuscì a consegnare la missiva, ma grazie ai fratelli della ragazza scoprì l'esatta ubicazione del convento e passò l'informazione al tormentato Feliciano Rodriguez de Santa Cruz. Grato, il pretendente si tolse l'orologio da tasca e relativa catena d'oro massiccio e insistette perché il benemerito complice del suo amore lo accettasse, ma quest'ultimo, offeso, lo rifiutò.

"Non so come ripagarla per quel che ha fatto," mormorò Feliciano, turbato.

"Non deve farlo."

Per parecchio tempo Jacob Todd non seppe nulla della sfortunata coppia, ma, due mesi dopo, la piccante notizia della fuga della signorina era il pettegolezzo al centro di qualsiasi riunione sociale, e l'orgoglioso Agustin del Valle non riuscì a impedire che si impreziosisse sempre più di particolari pittoreschi che lo coprivano di ridicolo. La versione offerta, alcuni mesi più tardi, da Paulina a Jacob Todd, fu che in un pomeriggio di giugno, uno di quei pomeriggi invernali dalla pioggia fina e dal precoce imbrunire, era riuscita a eludere la sorveglianza e a fuggire dal convento vestita con l'abito da novizia, portandosi via i candelabri dell'altare maggiore. Grazie alle informazioni di Jacob Todd, Feliciano Rodriguez de Santa Cruz si era trasferito a sud e si era mantenuto in segreto contatto con lei fin dall'inizio, in attesa dell'occasione in cui incontrarsi. Quel pomeriggio l'attendeva in prossimità del convento e quando la vide arrivare gli ci volle qualche secondo per riconoscere quella novizia mezza calva che franava tra le sue braccia senza mollare i candelabri.

"Non guardarmi così, su, i capelli ricrescono," disse lei baciandolo in piena bocca.

Feliciano la riportò a Valparaiso in una carrozza chiusa e la sistemò provvisoriamente in casa della madre vedova, il più rispettabile nascondiglio che gli venne in mente, con l'intenzione di proteggere il suo onore fin dove possibile, benché non ci fosse modo di impedire che lo scandalo li travolgesse. Il primo impulso di Agustin fu di affrontare in duello il seduttore della figlia, ma quando si decise a farlo, venne a sapere che costui si trovava in viaggio d'affari a Santiago. Si dedicò allora alla ricerca di Paulina, aiutato da figli e nipoti armati e decisi a vendicare l'onore della famiglia, mentre la madre e le sorelle recitavano in coro il rosario per la figlia depravata. Lo zio vescovo, che aveva consigliato di mandare Paulina dalle monache, cercò di infondere un pizzico di saggezza negli animi, ma quei primitivi non avevano orecchie per prediche da buon cristiano. Il viaggio di Feliciano faceva parte del progetto architettato con il fratello e Jacob Todd. Lui era partito per la capitale senza fare tanto chiasso, mentre gli altri due mettevano in moto il piano d'azione a Valparaiso facendo pubblicare su un giornale liberale la notizia della scomparsa della signorina Paulina del Valle, indiscrezione che la famiglia si era guardata bene dal divulgare. Fu questo a salvare la vita agli innamorati.

Alla fine Agustin si rassegnò al fatto che non erano più tempi in cui sfidare la legge e, più che con un doppio omicidio, era meglio lavare l'onore con un pubblico matrimonio. Si stipularono gli accordi per una pace forzata e una settimana dopo, quand'era tutto pronto, Feliciano tornò. I fuggitivi si presentarono alla residenza del Valle accompagnati dal fratello dello sposo, da un avvocato e dal vescovo. Jacob Todd rimase discretamente assente. Paulina fece la sua comparsa vestita con un abito molto semplice, ma quando si tolse il mantello tutti poterono notare che, con gesto di sfida, portava un diadema da regina. Procedeva al braccio della futura suocera, che era disposta a farsi garante della sua virtù, ma cui non fu data l'opportunità di svolgere il suo ruolo. Siccome l'ultimo dei desideri della famiglia era un'altra notizia sul giornale, Agustin del Valle non poté far altro che accogliere la figlia ribelle e l'indesiderato pretendente. Li ricevette circondato da figli e nipoti nella sala da pranzo, trasformata per l'occasione in tribunale, mentre le donne della famiglia, recluse dall'altra parte della casa, venivano informate dei particolari dalle cameriere, che sbirciavano da dietro le porte e correvano a riferire ogni singola parola. Dissero che la ragazza si era presentata con tutti quei diamanti che brillavano tra i capelli dritti della sua testa da tignosa e aveva affrontato il padre senz'ombra di modestia o di timore, annunciando che conservava ancora i candelabri, sottratti, per la verità, solo per fare un dispetto alle monache. Agustin del Valle aveva agitato un frustino da cavalli, ma lo sposo si era frapposto per ricevere la punizione, e allora il vescovo, ormai stanco, ma con intatta autorità, era intervenuto adducendo l'irrefutabile argomentazione che non ci sarebbe potuto essere un matrimonio pubblico che tacitasse le chiacchiere se gli sposi si fossero presentati con il viso segnato.

"Fai servire una tazza di cioccolata, Agustin, e sediamoci a parlare come persone civili," aveva proposto il dignitario della Chiesa.

E così fecero. Ordinarono alla figlia e alla vedova Rodriguez de Santa Cruz di attendere fuori perché era una questione da uomini, e dopo aver consumato diverse brocche di schiumosa cioccolata giunsero a un accordo. Venne redatto un documento nel quale i termini economici furono messi ben in chiaro e l'onore delle due parti in salvo; si firmò davanti al notaio e si procedette alla definizione dei particolari delle nozze. Un mese dopo Jacob Todd presenziò a un ricevimento indimenticabile in cui la prodiga ospitalità della famiglia del Valle superò ogni limite; ci furono balli, canti e abbuffate fino al giorno successivo e gli invitati se ne andarono commentando la bellezza della sposa, la felicità dello sposo e la fortuna dei suoceri che sposavano la figlia con un solido, se pur recente, capitale. Gli sposi partirono immediatamente per il Nord del paese.